La Camera dei Deputati ha dato stamattina il via libera alla riforma che renderà più semplice e veloce il percorso degli immigrati di seconda generazione per prendere la cittadinanza italiana. Il testo, che unisce i principi dello ius soli temperato e dello ius culturae, ora passa al Senato e solo se lì verrà approvato senza modifiche potrà diventare finalmente legge.
I bambini nati in Italia saranno italiani per nascita solo se almeno uno dei genitori ha il “diritto di soggiorno permanente” o il permesso Ue per soggiornanti di lungo periodo; altrimenti, come gli altri bambini non nati in Italia, ma arrivati qui entro i dodici anni, dovranno prima frequentare uno o più cicli scolastici per almeno 5 anni e, se si tratta delle elementari, concluderle positivamente. Diverse le regole per i ragazzi arrivati in Italia entro i 18 anni di età. Potranno diventare italiani dopo sei anni di residenza regolare e dopo aver frequentato e concluso un ciclo scolastico o un percorso di istruzione e formazione professionale. In questo caso, però, non si tratterà di un diritto acquisito, ma di una “concessione”, soggetta quindi a una certa discrezionalità da parte dello Stato.
I soggetti, tra cui l’Arci, che aderiscono alla campagna “L’Italia sono anch’io”, considerano positivo che si sia finalmente arrivati al voto dell’Aula su una materia che da tempo sosteniamo andasse migliorata e adeguata alla mutata realtà sociale del Paese. Si tratta comunque di un passo avanti, anche se la normativa non disegna la riforma che la campagna auspicava e per la quale abbiamo raccolto e depositato in Parlamento nel 2012 oltre 200mila firme. In particolare due sono le questioni su cui si chiedono modifiche: la prima riguarda l’assenza di una norma che consenta la semplificazione delle procedure relative alla naturalizzazione degli adulti, con un trasferimento di competenze dal ministero dell’Interno ai sindaci e il superamento, attraverso norme certe di riferimento, della discrezionalità che oggi caratterizza le decisioni in materia. L’altra questione riguarda la previsione di uno ius soli temperato che condiziona il futuro di bambine e bambini alla situazione economica della famiglia, introducendo, col requisito del permesso Ue per lungo soggiornanti di uno dei genitori, una discriminazione che viola l’articolo 3 della Costituzione.
Ci auguriamo che, in seconda lettura, la legge venga migliorata superando almeno le criticità più macroscopiche.