Tra le priorità di lavoro indicate al momento dell’insediamento della Commissione Nazionale Immigrazione, Asilo e Antirazzismo, da subito, ha trovato consenso la proposta di avviare una riflessione sull’impegno dell’Arci nel campo dell’accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati a fronte di un pluriennale impegno dell’associazione su questo terreno. Impegno, è sempre bene ricordarlo che, ha dato buoni frutti e ha permesso nel corso di questi anni un ruolo attivo sul piano locale e nazionale. Gestire, tra prima e seconda accoglienza, oltre 4000 posti sull’intero territorio nazionale su un totale di circa 100.000 è una grande responsabilità oltre che un dovere civico e morale. Per farlo bene, con l’obiettivo di intervenire per migliorare le condizioni delle persone coinvolte, il loro benessere, i loro diritti, e nel contempo di influenzare le scelte delle istituzioni pubbliche, svolgendo un ruolo di advocacy e allo stesso tempo di gestione, ci vuole una radicata consapevolezza e una buona organizzazione, oltre ad una forte militanza. Perché un associazione come l’Arci ha deciso di impegnarsi su questo terreno? Come svolge questo compito e quale modello di accoglienza propone ai beneficiari e alle comunità coinvolte? Sono solo alcune delle domande che in questi mesi ricorrono nella testa di molti di noi e che, stanno alla base del percorso partecipato che abbiamo lanciato nelle settimane scorse. Anche per queste domande ci siamo posti il problema di costruire strumenti comuni nazionali, di monitoraggio e sviluppo, così come servizi comuni a partire da quelli offerti (ad esempio Numero Verde), in coerenza con la decisione di sostenere il modello dell’accoglienza SPRAR come modello preferibile; più trasparente e più consono ad un vero e proprio percorso d’integrazione. Mettere a sistema la nostra rete di accoglienza, dunque, non serve solo a migliorare e rendere più efficace il nostro lavoro, ma diventa una necessità anche sul piano della tutela della nostra Arci. Sulla base di questi presupposti (e su altri) a fine febbraio partiranno i primi momenti di confronto con i territori, con i gruppi dirigenti e con i nostri operatori, per provare a dare una cornice comune e basi solide del nostro impegno nell’accoglienza. Basi solide prima di tutto sui perchè e sulle modalità che un progetto di accoglienza Arci deve avere, sapendo che, per noi, la promozione di un’accoglienza di qualità e rispettosa della dignità e dei diritti delle persone è il primo passo di ciò che definiamo integrazione; e, aggiungo, non può esserci “estemporaneità” rispetto al lavoro politico, culturale e di promozione sociale dell’Arci. Semmai, piena integrazione. Un modello comune e condiviso, criteri comuni e condivisi con l’obiettivo di individuare entro l’estate le “Linee guida nazionali per l’accoglienza dell’Arci” e, successivamente, il “Codice Etico” nel quale tutta l’Arci, nella sua complessità, possa riconoscersi e avere come riferimento. Un’impegno, notevole, che chiediamo in primis a tutti i comitati e a tutti i livelli dell’associazione che, parte da una visione ampia che riguarda il modello di società che abbiamo in testa ma, anche, che si vuole interrogare su che Arci occorra per realizzarlo.