La gestione dei flussi alle frontiere dell’Unione Europea e la chiusura della rotta balcanica continuano a essere l’argomento principale di discussione tra i governi dei 28 Paesi membri e sui giornali di tutta Europa.Ma la notizia dalla quale partire per capire cosa sta succedendo realmente è ancora una volta la morte, nelle ultime ore, di cinque persone davanti alle coste dell’isola di Lesbo. Tra queste, un bimbo di tre mesi. Né il governo austriaco, né quello macedone, né nessun altro governo dell’UE, nonostante gli accordi con la Turchia di Erdogan, la politica di esternalizzazione delle frontiere, il sistema degli hot spot, la creazione di una polizia europea per il controllo delle frontiere e i programmi dell’agenzia Frontex potranno più respingere quel bambino, ucciso dal cinismo dei governi e delle istituzioni europee. I ministri e capi di stato ormai si incontrano quasi ogni giorno per adottare misure che impediscano alle persone di raggiungere le frontiere europee e mettersi in salvo. Sono loro che ne decidono la sorte e, molto spesso, la morte. Intanto continuano a raccontarsi – e a raccontarci attraverso i media – che la colpa di tutto è dei trafficanti.
Girando la testa di fronte ai cadaveri dei bambini, di intere famiglie annegate, alle migliaia di persone provenienti da zone di guerra, che vengono umiliate, e talvolta malmenate, da esercito e polizia di fronte alle barriere che tentano di attraversare. Senza alcuna vergogna per quel che si sta decidendo sulla pelle dei profughi, i rappresentanti dell’Unione Europea cancellano il diritto internazionale.
L’accordo con la Turchia prevede infatti, oltre al baratto tra diritti, democrazia e denaro, il respingimento e la deportazione (termine tornato in uso su tutti i giornali) dei profughi, anche siriani, dall’Ue verso la Turchia. Una previsione che ha provocato la reazione sbalordita anche dell’UNHCR che dice di non poter credere che l’UE stia prevedendo una cosa tanto grave vietata dal diritto internazionale e dalla legislazione europea.
Eppure è così. La discussione, confusa e contraddittoria, tra i governi dell’UE punta a impedire a chiunque di arrivare in Europa. L’Austria, e i paesi della rotta balcanica, dicono che non sono disposti a far passare neanche un richiedente asilo dalle loro frontiere. L’Italia risponde rassicurando l’opinione pubblica, per voce del Ministro Alfano, sul controllo di eventuali partenze dall’Albania. L’interesse generale sembra essere soltanto quello di impedire ai profughi di mettersi in salvo.
Nell’accordo con la Turchia si parla addirittura di respingere tutti coloro che arrivano in Grecia in maniera illegale. Forse non tutti sanno che non c’è alcun modo legale di arrivare in Grecia né in nessun altro Paese dell’Ue per chiedere asilo. Si tratta quindi di un artificio retorico per giustificare un’azione vietata dal diritto internazionale, compreso quello europeo, ossia il respingimento di potenziali richiedenti asilo, come sono certamente le persone e le famiglie siriane, gli afgani e gli iracheni, che rappresentano ancora la gran parte di coloro che arrivano in Europa.
Il conto dei morti, quasi 500 in poco più di due mesi nel 2016, è il giudizio più chiaro e definitivo sulla politica europea in materia d’immigrazione. Impedire alle persone di fuggire dalle bombe, raccontando all’opinione pubblica che lo scopo è colpire i trafficanti, davanti a centinaia di cadaveri è un argomento ridicolo, cinico, insopportabile.
Di Filippo Miraglia, Vicepresidente Arci.