La Commissione Europea ha presentato al Parlamento la sua proposta sulle relazioni con i Paesi Terzi in materia di gestione dei flussi migratori.
Il modello proposto trae ispirazione dal vergognoso accordo con la Turchia e dalMigration Compact del nostro Presidente del Consiglio. Si punta cioè a scambiare aiuti economici e sostegno politico ai governi dei Paesi d’origine e di transito (qualunque sia il tipo di regime), con politiche di blocco dei flussi. Si tratta cioè, come già abbiamo denunciato, dell’esternalizzazione delle frontiere e dei controlli dei flussi migratori verso l’UE. Il cinismo caratterizza l’analisi e soprattutto le proposte: salvare vite umane e gestire i flussi in maniera ordinata, si ripete. In che modo? Regalando miliardi, come già fatto con Erdogan, ai tanti come lui in giro per l’Africa. Chiedendo loro, in cambio, di fermare le persone che scappano proprio dalla violenza dei regimi con i quali intendiamo fare accordi.
È il caso dell’Eritrea di Afewerki (presidente dal 1993), del Gambia di Jammeh (presidente dal 1994), dell’Egitto di al-Sisi.
La lista dei Paesi è lunga: Algeria, Egitto, Eritrea, Etiopia, Costa d’Avorio, Gambia, Libia, Ghana, Guinea, Mali, Marocco, Senegal, Niger, Nigeria, Senegal, Sudan. Insomma, il progetto è ambizioso e il quadro è chiaro. Utilizzare fondi per lo sviluppo come arma di ricatto verso i paesi di origine e transito: chi più si riprende le persone espulse e meglio coopera al controllo dei flussi migratori, più risorse riceverà.
Invece i paesi che non si impegneranno a fare i gendarmi dell’Europa saranno penalizzati. Quella che una volta si chiamava cooperazione allo sviluppo, si trasforma in sostegno ai governi, condizionato dal rispetto delle indicazioni che l’UE darà in materia di gestione dei flussi e delle frontiere. Fermare il maggior numero di persone che scappano. Se riescono a passare il confine, bloccarli nei Paesi di transito. Se non muoiono dopo le violenze dei trafficanti, rimandarli indietro, con il consenso di questi governi. Pericolosissimo è anche il dialogo che si vuole aprire con una Libia dilaniata dai conflitti, con cui l’Europa vuol fare accordi per il controllo delle partenze usando l’Agenzia Frontex. Una proposta coerente con l’atteggiamento che sta tenendo con la Turchia, considerato un esperimento di successo. Con i 6 miliardi erogati in base a quell’accordo, sono stati fermati i siriani che scappano dalle bombe, costringendoli nelle galere turche o rispedendoli in Siria. L’Europa non sta chiedendo al governo turco, a quello eritreo o a quello del Gambia di rispettare i diritti umani e di consentire elezioni democratiche per avere il sostegno dell’UE. Al contrario, si sacrificano i diritti umani e qualche secolo di civiltà europea in cambio di una proposta con la quale i governi UE pensano, forse, di fermare la frana populista e razzista che sta travolgendo tutti i Paesi. L’esperienza austriaca sta lì a dimostrare che si ottiene esattamente il risultato opposto. Ma per i nostri grandi statisti questo non conta. Tutto ciò sulla pelle di quelle persone che, in assenza di canali umanitari, programmi di ricerca e salvataggio, possibilità di vie di ingresso legali, dovranno pagare e rischiare sempre di più. E che aumenteranno, visto che verranno foraggiati e rafforzati proprio quei governi da cui fuggono.
di Filippo Miraglia, vicepresidente nazionale Arci