Unione Europea e Stati Uniti: due modelli di integrazione a confronto
Ieri mattina, mercoledì 3 febbraio, la Comunità di Sant’Egidio ha organizzato “Migration and Integration: U.S. and Italian Perspectives”; il tema dell’evento è stato l’osservazione dei punti di contatto e le differenze tra i due sistemi di accoglienza.
“I miei avi sono tutti immigrati di origine straniera” a dirlo è Richard Stenghel, Sottosegretario del Dipartimento di Stato USA, “New York, la città dove sono cresciuto, è una di quelle più aperte e multiculturali al mondo, e il mio Paese ha prosperato, divenendo uno dei più sviluppati e tecnologicamente all’avanguardia, grazie alla sua condizione di Paese di immigrati, e alla sua capacità di saper attirare al suo interno forza lavoro, talenti e competenze esterne.” E conclude, “Gli Stati Uniti d'America hanno la più grande percentuale di immigrati al mondo: voglio affermare che questo fattore rende il paese più forte e gli dona una visione pluralista… Penso quindi sia un obbligo morale di ogni democrazia accogliere i migranti.”
I passi concreti per aggiornare il processo di integrazione europea sono molteplici e alla portata delle istituzioni comunitarie; per Filippo Bubbico, Viceministro dell’Interno, “il sistema di accoglienza europeo deve essere costruito e praticato. Non si devono affrontare le emergenze con le furbizie reciproche dei paesi… Questo è un momento delicato in Europa” - continua il Viceministro italiano – “rischiamo di perdere il senso della nostra appartenenza. Il pericolo è che gli egoismi nazionali possano mettere in discussione l'idea stessa di Europa unita. È un pericolo reale che noi dobbiamo sconfiggere con intelligenza e con consapevolezza e, per sconfiggere questi tentativi di repressione, abbiamo la necessità di promuovere una nuova e diversa sensibilità delle opinioni pubbliche nazionali".
In Europa manca, ad esempio, un'agenzia comunitaria per l'immigrazione sul modello di quella degli Stati Uniti, che possa affrontare la questione dei nuovi europei in maniera unitaria e senza frammentazioni nazionalistiche. Un obiettivo di lungo respiro certamente, che non può che passare dal raggiungimento di una serie di step intermedi, come fa notare Izzedin Elzir, Presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche in Italia, “Il nostro Paese ha bisogno di dotarsi al più presto di un Ministero dell’Integrazione, e di aggiornare la legge sulla cittadinanza, ancora ferma in Senato dopo mesi di discussioni ed emendamenti. Serve una cultura nuova...”
E la battaglia per la diffusione di una cultura nuova e un’opera costante di sensibilizzazione delle opinioni pubbliche sono attività che molte associazioni del settore, sia laiche che cattoliche, si impegnano a promuovere giorno dopo giorno; cercando di ribadire il fatto che l’altro non è un nemico, ma una risorsa, una ricchezza, che va trattata con più rispetto, non tolleranza. Ma prima di ogni altra cosa dovremmo smetterla di inquadrare il fenomeno delle migrazioni globali nel frame di una situazione emergenziale; non è così, non è un fenomeno che si esaurirà da solo in breve tempo e dobbiamo riuscire a governarlo a dovere, nell’interesse di tutti.