In occasione della presentazione alla cittadinanza e alla stampa del Festival Sabir – tenutasi a Pozzallo il 1 aprile 2016 – la delegazione composta da ARCI e Caritas ha accompagnato l’onorevole Erasmo Palazzotto e il sindaco Luigi Ammatuna in visita all’hotspot. La visita ha permesso di avere una migliore comprensione delle procedure d’identificazione e di gestione degli sbarchi nel porto siciliano. Il personale di polizia e i rappresentanti di questura e prefettura si sono mostrati disponibili a fornire informazioni e rispondere alle nostre domande.
All’interno del centro erano presenti, al momento della visita, quasi 200 persone, principalmente minori in attesa di essere trasferiti. Dei 730 arrivati col recente sbarco del 30 marzo, 300 sono stati immediatamente trasferiti (senza procedere all’identificazione, stando a quanto dichiarato dalla polizia) in CAS e CARA in quanto hanno manifestato volontà di richiedere asilo in fase di pre-identificazione. Altri 200 sono stati identificati nell’hotspot e trasferiti solo in un secondo momento. Restano nel centro i minori – per i quali resta difficile trovare una collocazione, data la scarsità di posti di accoglienza negli HUB e SPRAR e l’alto numero di MNSA nei recenti sbarchi – testimoni di giustizia e presunti scafisti oltre a chi è sottoposto a trattamento medico, principalmente contro la scabbia. L’hotspot di Pozzallo risulta quindi una struttura in cui – a parte per i minori che, nonostante la situazione di profonda vulnerabilità, sembrano essere il gruppo più difficilmente “accogliibile” in Italia – i migranti vi sono detenuti per brevi periodi. Questo è anche dovuto al fatto che chi rifiuta l’identificazione– principalmente gli eritrei che non vogliono entrare nel piano di ricollocamento – sono quasi sistematicamente trattenuti a Lampedusa, essendo l’isola un luogo di confinamento.
Dopo lo sbarco, i migranti vengono tutti pre-identificati all’ingresso dell’hotspot. La pre-identificazione è effettuata attraverso la compilazione di un modulo, il “foglio notizie” da parte della polizia italiana in collaborazione con funzionari dell’agenzia Frontex e mediatori. Nel foglio notizie – vedi allegato 1 – si annotano, oltre ai dati anagrafici della persona, anche il motivo di arrivo in Italia, indicato tramite crocetta. Risulta evidente che a seconda delle modalità con la quale la voce “motivo” viene spiegata dai funzionari di polizia, possono esserci risposte diverse e non corrispondenti al vero. Sappiamo che in passato – tra settembre e dicembre 2015 – sulla base della nazionalità e della compilazione di questo documento si sono prodotti sistematici respingimenti differiti. Notiamo, positivamente, che – ad eccezione di uno sbarco nel gennaio del 2016 principalmente di marocchini – non ci siano stati altri casi di respingimenti differiti dal Porto di Pozzallo ed in generale dagli hotspot siciliani. Risulta estremamente preoccupante la prassi di respingere in differita o espellere sistematicamente i cittadini marocchini ed egiziani, in virtù dell’accordo di riammissione, senza che si proceda ad una reale analisi delle loro storie individuali. Questo procedimento è estremamente grave in particolare verso l’Egitto, dove, come è noto, vige un sistema dittatoriale che non esita a fare ricorso alla tortura.
Il centro è dotato ad oggi di 4 strumenti per la registrazione delle impronte digitali che saranno a breve moltiplicati per rispondere alle esigenze di aumento di arrivi, anche se di fatto la capienza del centro, ad oggi di 200 persone, non potrà essere materialmente aumentata. Il personale della polizia scientifica ci ha informati di essere in grado di effettuare 240 identificazioni in 24 ore. Alla luce di questi dati risulta quindi assolutamente inutile, oltre che illegale, prolungare la detenzione negli hotspot a cinque giorni, come annunciato dal Governo. Per chi rimane nel centro – esclusi minori, testimoni di giustizia e presunti scafisti – si procede ad una seconda identificazione/informativa più dettagliata.
La procedura d’identificazione è accompagnata da un informativa cartacea – vedi documento allegato 2 – in cui appare un pericoloso, quanto illegale, riferimento al possibile uso della forza per
l’acquisizione delle foto e delle impronte digitali. Si ricorda che, nonostante le istituzioni europee abbiano più volte istigato l’Italia all’uso della forza, questa procedura è illegale secondo la legislazione italiana.
Parlando con il personale di Polizia del centro, siamo stati informati di operazioni di polizia che hanno l’obbiettivo di identificare presunti scafisti e relativi testimoni di giustizia, operazioni che si effettuano già a partire dalle navi di salvataggio, a bordo delle quali, si trova quasi sempre un ufficiale di collegamento preposto a questo compito. Nell’ultimo sbarco a Pozzallo (29 marzo), 5 migranti sono stati accusati in seguito ad una inchiesta sommaria a bordo delle navi di salvataggio. Inoltre, nel caso specifico della nave Siem Pilot, impegnata nell’ambito dell’operazione Triton, si procede ad una vera e propria pre identificazione – tramite raccolta primi dati anagrafici e fotosegnalamento – dei migranti salvati. Se, nel caso di Pozzallo, sembra che questa operazione sia inutile per la Questura che procede, una volta nell’hotspot, ad una nuova identificazione, ci sembra possa essere di grande pericolo nel caso si voglia procedere ad una divisione sulla base della nazionalità tra migranti economici e richiedenti asilo al momento dello sbarco, come previsto dall’approccio hotspot ideato dalle istituzioni europee. Una ipotesi che abbiamo potuto constatare in altri luoghi di sbarco della Sicilia. L’ARCI denuncia anche la tendenza all’identificazione dei migranti nei momenti di profonda vulnerabilità – nelle navi di salvataggio e a poche ore dallo sbarco – quando oltre ad essere stremati dal viaggio in mare e da difficilissime permanenze in Libia non hanno ricevuto ancora nessuna informativa. Salutando positivamente l’effetto delle denunce associative e delle direttive della circolare a firma del Prefetto Mario Morcone che vedono una forte riduzione dei procedimenti di respingimenti differiti, l’ARCI continuerà a monitorare le procedure alle frontiere italiane affinché non si verifichino ulteriori casi di violazione dei diritti dei migranti.
Arci ufficio Immigrazione