L’UE e l’Italia accelerano il processo di esternalizzazione del controllo alle frontiere

da huffingtonpost.it

Dopo l’incontro della Valette nel novembre 2015, è l’Italia a rilanciare il dialogo con i rappresentanti dell’Unione Africana e degli Stati di questo continente, attraverso un vertice interministeriale Italia-Africa tenutosi alla Farnesina il 16 maggio scorso. La strategia scelta per il dialogo con i paesi africani rientra nella stessa logica del Migration Compact: progetti di cooperazione e fondi allo sviluppo mirati a contenere le partenze e a facilitare la riammissione.

Il ruolo di primo piano del Governo Italiano nelle relazioni con i paesi africani puNigerian-Immigration-officials-ò essere spiegato da molteplici fattori: la migrazione in primis – visto che la quasi totalità dei migranti che arrivano sulle nostre coste provengono da questo Continente – ma non devono essere sottovalutati anche gli interessi economici e diplomatici. Nel 2014 l’Italia si è infatti attestata al 7° posto tra i partner commerciali dell’Africa, con un interscambio complessivo pari a 40,65 miliardi di euro. Ultimo, ma non meno importante, il fatto che l’Italia sappia che deve guadagnarsi, per ottenere l’assegnazione del seggio non permanente del Consiglio di Sicurezza a cui è candidata nelle prossime elezioni del 28 giugno, i 54 voti degli Stati Africani che le permetterebbero di raggiungere la necessaria maggioranza dei due terzi dei voti degli aventi diritto all’Assemblea Generale.

Dopo aver presentato a Bruxelles il Migration Compact – che prevede la replica del modello dell’accordo Ue-Turchia con i principali paesi di origine e transito della rotta del Mediterraneo Centrale – e aver ricevuto il no della Germania all’uso dei Bond, Renzi non sembra essersi lasciato abbattere né minimamente scalfire dalle molteplici critiche levatesi dalla società civile.

La Diplomazia Italiana ha continuato a lavorare con quella tedesca per arrivare al compromesso di 10 miliardi di euro della cooperazione internazionale da investire in Tunisia, Senegal, Ghana, Niger, Egitto e Costa d’Avorio, in cambio di un maggiore impegno nel controllo delle loro frontiere e della riammissione dei loro concittadini e di chi ha transitato sul loro territorio.

Dopo la discussione al vertice Italia-Africa, il Migration Compact è stato anche l’argomento all’ordine del giorno dell’incontro di oggi con il Presidente di turno della UE, il Premier Olandese Rutte.

Renzi – in vista del Consiglio di lunedì e di quello JAI di giugno in cui si discuterà del Migration Compact – chiede all’Europa di non guardare solo alla Turchia, ma di allargare lo sguardo anche all’Africa esportando la logica della collaborazione economica in cambio del controllo. Rutte, ringraziando l’impegno dell’Italia in Africa, Libia, Egitto e Nigeria per la riduzione degli arrivi, si compiace della riduzione del 20% degli arrivi sulle coste italiane, attribuendola proprio alla strategia africana. Poco importa se quei migranti sono rimasti intrappolati nelle maglie di un continente instabile, in condizioni di profonda vulnerabilità grazie ad accordi di dubbia legalità.

Basti pensare alle discussioni con la Libia in occasione del recentissimo Vertice Italia-Africa: Gentiloni propone al suo omologo libico Taher Siyala la possibilità di riattivare il Trattato di Amicizia del 2008. A un Governo che – come emerge dagli incontri di Vienna – stenta ad essere riconosciuto da tutte le fazioni, si propone di riattivare un accordo – firmato da Berlusconi e Gheddafy – che è passato alla storia per i tragici effetti che ha prodotto: dai respingimenti del 2009 condannati dalla CEDU, agli appalti truccati a Finmeccanica per la costruzione di un muro alla frontiera sud del paese, fino alla moltiplicazione dei centri di detenzione tutt’ora esistenti.

Ma l’UE non si limita alla pericolosissima collaborazione con la Libia, puntando ai paesi limitrofi – Niger e Sudan – grazie agli EU Trust Fund for Africa istituiti nel novembre del 2015 alla Valletta. Dopo l’accordo del 4 maggio firmato con il Niger, appaiono, nei giornali tedeschi di due giorni fa, documenti ufficiali – volutamente secretati per non dare una “cattiva immagine” della UE – in cui emergono ‘regali’ al Sudan: scanner, videocamere e sistemi di controllo. Se ripensiamo alla visita dei rappresentanti del Governo Italiano nel febbraio 2016 proprio a Khartoum, nel Migrant Resource and Response Centre (MRRC), un centro di identificazione, dissuasione e rimpatrio volontario, simile a quello di Agadez – finanziato in parte anche dalla cooperazione internazionale italiana – capiamo come si stia preparando una vera trappola per i rifugiati del Corno d’Africa obbligati a passare per questo paese per poter raggiungere l’Egitto o la Libia e da lì l’Italia.

Di fronte all’accelerarsi degli accordi di esternalizzazione che, combinati con proposte quali quelle degli hotspot galleggianti, aprirebbero a scenari di violazioni flagranti dei diritti fondamentali dei migranti l’Arci – nell’ambito del progetto di monitoraggio delle politiche di esternalizzazione del controllo ai paesi africani ricorda che:

– l’unica priorità degli Stati Europei per salvare vite umane deve essere quella di aprire canali legali e sicuri di accesso al territorio;

– i fondi della cooperazione internazionale non possono e non devono servire per finanziare misure di controllo ed identificazione alle frontiere degli Stati Africani;

– l’Italia e l’Europa non devono macchiarsi di collaborazioni con paesi dittatoriali o in pieno conflitto civile, mercanteggiando fondi allo sviluppo o accordi commerciali per bloccare o espellere i migranti, violando le Convenzioni Internazionali di cui sono firmatari.

da huffingtonpost.it:

http://www.huffingtonpost.it/sara-prestianni/lue-e-litalia-accelerano-il-processo-di-esternalizzazione-del-controllo-alle-frontiere-_b_10050658.html

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