Nei tre giorni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite si sono susseguiti i due eventi che vedevano per la prima volta 150 capi di Stato e di Governo riuniti con l’ambizioso obiettivo di dare una risposta umanitaria globale alla situazione di migranti e rifugiati nel mondo. Ma già ad una prima lettura delle conclusioni circolate nei giorni precedenti è stato chiaro come l’evento sarebbe stata l’ennesima occasione sprecata per un reale cambiamento. I buoni propositi della parte introduttiva del documento – firmato da 193 paesi – dove si fa riferimento al rispetto delle convenzioni internazionali e all’importanza di salvare vite umane, sono in contraddizione con le proposte di aumento del sistema di controllo delle frontiere e di gestione securitaria del fenomeno. Un documento generico che non vincola gli stati. Si teme che anche per le due proposte positive di ampliamento delle quote di reinsediamento e dei fondi degli aiuti umanitari, ci si limiti alla dichiarazione senza che i fatti seguano visto l’atteggiamento recalcitrante all’accoglienza degli Stati, così come dimostra il fallimento del piano di ricollocamento – ad un anno dal suo inizio – dei 160mila rifugiati che dovevano essere trasferiti da Grecia e Italia negli altri 26 stati membri.
La distanza tra le promesse di New York e i fatti è stata evidente con il fallimento in diretta del convoglio umanitario che doveva portare beni di prima necessità alla popolazione assediata di Aleppo. Partito come gesto simbolico della volontà di azione emanata dal Palazzo di Vetro durante l’incontro dei capi di stato, si è scontrato con la ferocia quotidiana della guerra in Siria, bombardato alle porte della città, con dodici morti e – molto probabilmente – le scorte alimentari per decine di migliaia di persone distrutte. Le proposte del Palazzo di Vetro sono diventate ancora più lontane di fronte al naufragio di ieri, 21 settembre, in prossimità delle coste egiziane, in cui più di 200 persone sono morte. Ennesima tragedia che le promesse di New York non hanno potuto evitare.
di Sara Prestianni, Ufficio Immigrazione Arci
ArciReport, 22 settembre 2016