da Huffington-Post del 03/10/2016 di Filippo Miraglia vice presidente Arci
Nella notte tra il 2 e il 3 ottobre del 2013, 368 persone perdevano la vita al largo dell’isola di Lampedusa. Si trattava in prevalenza di persone provenienti dal Corno d’Africa.
Oggi, a tre anni di distanza, l’Italia commemora quella tragedia con la Giornata della memoria delle vittime dell’immigrazione, istituita per legge lo scorso 16 marzo 2016. In questo drammatico anniversario è necessario richiamare tutti, soprattutto il governo italiano e quelli dell’Ue, ai loro doveri, perché ricordare i morti deve servire a salvare i vivi. Dopo quella dell’ottobre 2013, infatti, le stragi sono continuate, con naufragi che hanno fatto anche più vittime. L’ultima lo scorso 21 settembre al largo delle coste egiziane, con almeno 300 persone scomparse.
Dall’inizio dell’anno, nonostante il numero di persone arrivate via mare sia diminuito passando da più di 1 milione nel 2015 a circa 300 mila, i morti sono aumentati e a oggi si contano più di 4000 vittime dell’immigrazione nel mediterraneo.
Bisogna fermare questa strage Per questo oggi siamo scesi in piazza in tutta Italia, con tante manifestazioni (fra cui il flash mob tenuto a Roma con una performance della compagnia teatrale Cantieri Meticci,) per denunciare la totale incoerenza tra quanto dichiarano governi e leader europei e quanto succede alle frontiere e nei paesi d’origine e di transito. C’è una distanza enorme tra fatti e parole.
Non ci sono solo i muri di Orbàn, che minaccia di modificare la Costituzione dopo il fallimento del suo referendum contro l’Unione europea e i profughi. Anche l’Ue – governi e Commissione – segue una politica cinica di chiusura delle frontiere.
L’accordo con la Turchia, impedendo soprattutto ai siriani, agli afgani e agli iracheni (l’80% di chi ha attraversato la frontiera greco-turca nel 2015) di fuggire in cerca di protezione, consegna i profughi nelle mani di trafficanti e di governi liberticidi. Si pensi alla strage che si sta consumando ad Aleppo e al fatto che quelle persone non hanno alcuna possibilità di mettersi in salvo in Europa a causa dell’accordo con Erdogan.
L’Italia vuole riprodurre quel tipo di accordo – e già lo sta facendo – con molti governi dittatoriali africani, a partire da quello del Sudan.
Non ci raccontino che “aiutarli a casa loro” è la ricetta giusta, come dice Renzi con il suo migration compact. Li stiamo aiutando, è vero, ma soprattutto alcuni regimi anti democratici promettendo loro soldi e sostegno politico, addestramento e mezzi per le loro polizie. Altro che aiuti per lo sviluppo!
I soldi al governo di Omar Al Bashir in Sudan (circa 174 milioni di euro promessi), come quelli dati e promessi ad Al Sisi in Egitto, così come il sostegno del regime di Yahya Jammeh in Gambia e a quello di Isaias Afewerki in Eritrea non porteranno certo un miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni di quei paesi. Anzi, i leader di questi paesi (si noti che stringiamo accordi soprattutto, se non esclusivamente, con paesi dove ci sono regimi non democratici, e si tratta, quasi sempre, di accordi di polizia, che non passano dal parlamento e non sono pubblici), noti per la ferocia e per il ricorso a violenza, omicidi e torture, aumenteranno la repressione e la conseguenza non potrà che essere l’aumento di coloro che, a rischio della vita, cercheranno di fuggire.
Di fatto l’Europa e i suoi governi, negando le proprie radici e i principi sanciti dalle Costituzioni democratiche e dalla Carta di Nizza, tentano di frenare l’ondata di xenofobia e razzismo che sposta l’elettorato a destra, fornendo ulteriori ragioni ai cittadini e alle cittadine per appoggiare posizioni di chiusura. Una tragedia che prima di essere politica è culturale e alla quale sarà difficile porre rimedio. Nel frattempo le persone continuano a morire e i trafficanti aumentano il loro business, non essendoci alcuna via legale per entrare, cioè nessuna possibilità di rivolgersi agli stati, per mettere in salvo se stessi e i propri cari.
Oggi, in occasione di questa prima Giornata della memoria, oltre a non dimenticare i tanti morti di frontiera, ci piacerebbe che i governi evitassero di replicare la solita commedia del cinismo, cambiando nettamente politica e prevedendo corridoi umanitari, programmi di ricerca e salvataggio, promuovendo una accoglienza dignitosa in tutta Europa.