In Italia la povertà è ormai un’emergenza

da ArciReport numero 33, 20 ottobre 2016 di Filippo Miraglia Vicepresidente Arci

 

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Il rapporto Caritas 2016 su povertà ed esclusione sociale denuncia una situazione drammatica in tutto il Paese: cresce il numero dei giovani, delle famiglie, dei disoccupati e degli operai che sono sotto la soglia della povertà assoluta.  Dati resi già noti dall’Istat qualche settimana fa che, confermati dalla Caritas, la rete più diffusa di assistenza ai poveri, ci consentono di affermare che l’Italia vive una condizione di emergenza e che c’è bisogno di un impegno e di risorse straordinarie. Un milione 582mila le famiglie sotto la soglia della povertà assoluta alla fine del 2015, per un totale di 4,5 milioni di persone. Il 7,6% della popolazione. Più del doppio della percentuale registrata nel 2007, anno al quale si fa risalire l’inizio della crisi globale. Al sud, come sempre, si trovano la maggior parte dei poveri. Anche se la povertà è cresciuta ovunque e riguarda in maniera preoccupante i minori, che rappresentano la fascia di età in cui si concentra la percentuale massima di povertà assoluta.

Una povertà assoluta che colpisce anche i lavoratori, oltre a quelli che il lavoro l’hanno perso. Questi dati vanno infatti letti insieme a quelli appena diffusi dall’Osservatorio sul precariato dell’INPS. Dati che parlano di un aumento della disoccupazione e dei licenziamenti, conseguenza delle scelte contenute nel Jobs Act, e che forniscono un quadro drammatico della condizione che vivono famiglie e soprattutto giovani. Nei primi otto mesi del 2016 i licenziamenti disciplinari (per giusta causa e giustificato motivo, consentiti dalla cancellazione dell’art.18 dello Statuto dei lavoratori), fanno registrare un aumento del 28%. Le assunzioni a tempo indeterminato subiscono un calo nello stesso periodo del 33%. Allo stesso tempo i voucher, forse la forma più odiosa di precariato mai introdotta, registrano un aumento a dir poco preoccupante: 96,6 milioni i voucher venduti fino ad agosto, più 36% rispetto allo stesso periodo del 2015.

La precarietà e l’incertezza lavorativa fanno parte oramai strutturalmente della vita di milioni di persone e famiglie e producono un allargamento della povertà assoluta, soprattutto tra i giovani in cerca del primo lavoro e tra gli adulti che il lavoro lo hanno perso. Se l’introduzione di un Reddito di inclusione (REI), previsto dalla Legge delega sulla povertà in discussione al Senato, rappresenta un buon passo avanti nella lotta alla povertà e all’esclusione sociale, le risorse che il governo ha previsto per il 2017 non sembrano garantire alcuna coerenza tra le dichiarazioni, i contenuti della legge e la realtà dei fatti. Come chiesto dall’Alleanza contro la povertà è infatti necessario avere certezza che nel giro di pochi anni si arrivi a coprire tutte le persone in povertà assoluta.

Ciò comunque non sarebbe in alcun modo sufficiente se, dall’altro lato, le politiche del lavoro producono disoccupazione e precarietà e quindi vanno ad alimentare ulteriormente la povertà.

L’Italia oltre a non avere un intervento strutturale contro la povertà assoluta, non ha mai preso in considerazione la necessità di una misura che garantisca un reddito minimo per tutti (che è cosa diversa dal reddito di inclusione previsto, e peraltro non garantito, come si è detto, solo per chi è sotto la soglia di povertà assoluta).

Più che una diminuzione delle tasse, come va sbandierando il nostro Presidente del Consiglio, e la riduzione dei diritti per i lavoratori, servirebbe una fiscalità più equa e progressiva, come prevede la Costituzione, che consenta investimenti pubblici per creare lavoro e combattere concretamente la povertà e l’esclusione sociale.

 

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